Recovery o recupero funzionale: per ritrovare l’equilibrio

Recovery o recupero funzionale: per ritrovare l’equilibrio

Quando l’organismo subisce un trauma, quando viene rotto quell’equilibrio che in fisiologia si chiama omeostasi, il sistema biologico è costretto a cambiare, ad attivarsi per ripristinare la funzione lesa e per sostituire in qualche modo i processi che naturalmente vengono interrotti. Ecco che in questo momento tutta la potenza del sistema biologico essere umano si manifesta e, con tempi più o meno lunghi, quell’omeostasi viene restaurata e l’organismo riprende lo svolgimento delle sue naturali funzioni come se quell’evento non fosse mai accaduto. 

Proprio qui, se si interviene con un percorso di recupero funzionale, quell’equilibrio non solo viene ritrovato, ma si può adattare o evolvere in qualcosa di nuovo, qualcosa di migliore, qualcosa di più utile e funzionale!

Di cosa parliamo? 

È bene come al solito delineare quali sono i termini che ci interessano e di cui discutere.

Nello specifico parleremo di infortunio, intendendo un evento traumatico e accidentale che provochi un danno anatomico a cui il sistema biologico deve rispondere modificando il suo comportamento e la sua funzione e che può essere di due tipi: macrotraumatico acuto o microtraumatico ripetitivo.

Parleremo anche di recupero o rieducazione funzionale, intendendo il ripristino di una funzione corporea interrotta per via di un infortunio. Di per sé questo termine non sarebbe correttissimo: discutendo di infortuni di tipo ortopedico (osteoarticolari o miofasciali), dovremmo parlare più precisamente di recupero o rieducazione motoria.

I principi della rieducazione motoria 

Il recupero della funzione motoria è un processo non lineare, ma complesso ed estremamente variabile da soggetto a soggetto. I sistemi biologici sono sistemi complessi, ovvero con un numero di elementi e di relazioni tra di essi potenzialmente infinito e quindi con un comportamento non prevedibile. Le proposte motorie vanno quindi individualizzate e non possono essere protocollate. 

Il protocollo, infatti, essendo un insieme di esercizi rigidi, standardizzati in maniera aprioristica seguendo un approccio meccanicistico, opera un trattamento basato su medie, senza considerare quanto il soggetto su cui si sta effettuando quel preciso trattamento si discosta da quella media. Nella migliore delle possibilità quel protocollo porterà a un risultato che sarà del tutto dovuto al caso, nel peggiore non solo non ci saranno risultati, ma il protocollo potrebbe anche causare danni ulteriori al soggetto. Al contrario, la proposta motoria individualizzata sarà una selezione, specifica, derivante da un’analisi preliminare del soggetto e delle sue capacità motorie generali e residue, di esperienze motorie plastiche e adattabili individuate con un approccio integrato. Il focus sarà sulla qualità del gesto, su come viene eseguito un determinato movimento; quindi, la proposta mirerà a sviluppare tutte le componenti senso-motorie necessarie per poter erogare un comportamento motorio funzionale, che consenta di interagire correttamente con l’ambiente esterno.

Solo in questo modo si potrà acquisire la capacità di muoversi in maniera intelligente: se il come (competenza motoria) sarà costruito adeguatamente allora si potrà spostare la proposta di allenamento sul quanto (forza, velocità, resistenza), evitando che sia il quanto stesso a generare sollecitazioni anomale.

E come si fa a sviluppare la competenza motoria? 

Per acquisire il come occorre impostare un processo basato sui seguenti punti:

  • Percepire = dare un nome a una sensazione; sentire = prerequisito per la percezione, capacità di sentire gli stimoli endo/esogeni che generano una risposta
  • Isolare = tradurre e incorporare percezioni e sensazioni in richieste motorie analitiche
  • Integrare = incorporare la richiesta motoria analitica in un sistema motorio complesso costituito da più componenti analitiche
  • Adattare = inserire il sistema integrato nell’ambiente esterno con cui deve interagire

Ma come funziona la guarigione? 

Anche se tutti i tessuti seguono le stesse fasi generali, l’estensione temporale della guarigione varia ed è legata alle caratteristiche fisiologiche specifiche di ogni tessuto.

In generale il processo di guarigione che il sistema biologico mette in atto in risposta a un trauma lesivo a carico dei tessuti serve, come detto, a ripristinare l’omeostasi e l’anatomia funzionale originaria. È indipendente dal tipo di lesione, dalla causa, dall’entità del danno anatomico. È continuo e procede per fasi che si sovrappongono l’una all’altra e pertanto si possono separare solo da un punto di vista descrittivo: infiammazione, proliferazione, rimodellamento. In particolare, mentre le prime due dopo un mese hanno fatto il loro decorso, il rimodellamento tissutale, invece, può durare fino anche a 24 mesi dopo l’infortunio, in base al tipo di stimolo che viene somministrato.

Diversi fattori influenzano il decorso del processo di guarigione, tra cui la diversa vascolarizzazione e la capacità proliferativa delle cellule del tessuto compromesso (ad esempio le inserzioni tendinee, formate da collagene organizzato in fibre molto compatte e quindi poco vascolarizzate guariscono con tempi maggiori rispetto al ventre muscolare).

Gli step della rieducazione motoria 

Possiamo dire che il recupero funzionale rappresenta un processo continuo, organizzato in tre momenti specifici la cui sequenza deve rispettare i tempi biologici della rigenerazione tissutale

  • fase 1: si manifesta nel periodo in cui è in atto l’infiammazione (circa 5-7 giorni post-infortunio) e ha l’obiettivo di controllare il dolore e la reattività del tessuto.
    È a carico di Medico Specialista (Ortopedico e/o Fisiatra) e del team sanitario ovvero Fisioterapista e/o Osteopata
  • fase 2: avviene nel periodo della proliferazione (circa 20-30 giorni) e ha come scopo il ricondizionamento generale delle strutture coinvolte nell’evento traumatico, attraverso il ripristino della mobilità e della flessibilità dei tessuti e del controllo neuromuscolare.
    È a carico del team sanitario e del chinesiologo specializzato in rieducazione motoria.

fase 3: si delinea nel periodo del rimodellamento tissutale e ha come obiettivo il ricondizionamento specifico sia delle strutture anatomo-funzionali coinvolte nell’infortunio, che di tutto il resto dell’organismo, per ristabilire la forza e la resistenza muscolare sia locali che generali, le capacità coordinative generali e le capacità funzionali che mettono il soggetto in grado di gestire le attività della vita quotidiana. È interamente a carico del chinesiologo.

Conclusione: un passo in più 

Una volta ripristinata la capacità di gestire in sicurezza le attività della vita quotidiana, la rieducazione motoria non dovrebbe interrompersi come spesso accade, ma proseguire per stimolare quell’evoluzione ulteriore, quel miglioramento, quel qualcosa di nuovo che dà al sistema biologico delle opportunità in più di relazione con sé stesso e con l’ambiente. Stiamo parlando di quella fase che in termini tecnici viene definita riatletizzazione e che può essere semplicemente fine a sé stessa e migliorare le capacità motorie e morfo-funzionali del soggetto oppure può essere finalizzata al rientro in campo per un atleta!

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