La scienza del mantenersi giovani

…si può vivere meglio e più a lungo?

Combattere per il mantenimento della giovinezza, rallentare l’invecchiamento, mantenere le capacità psicofisiche a lungo nel tempo, sembrano più elementi che caratterizzano le trame di discipline come letteratura e cinematografia: più fantascienza che scienza. 

Cosa ci dice la scienza?

Se, in linea con alcune autorevoli ricerche scientifiche, accettiamo di considerare l’invecchiamento una vera e propria patologia cronico-degenerativa ineluttabile, causa stessa di tante altre patologie prima che effetto, dobbiamo anche pensare di curarla come tale, nel modo più aggressivo e scientifico possibile, sfruttando al massimo le possibilità fisiologiche e evolutive dei nostri sistemi di sopravvivenza e aiutando l’organismo a trovare i “pezzi di ricambio” di cui avrà progressivamente bisogno.

David Sinclair, autore di una delle più intriganti teorie sull’invecchiamento, sostiene che tale processo è caratterizzato dalla progressiva “perdita di informazione biologica della giovinezza”. Infatti, la continua esposizione ai fattori di rischio, dovuti alle abitudini malsane, genera fenomeni epigenetici nemici della nostra aspettativa di vita. Sembra, appunto, che circa l’85% dei fattori che pesano sulla nostra aspettativa di vita sia determinato dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti, mentre solo il 15% è ereditario! 

Facendo un esempio, stiamo assistendo a un’inversione della spettanza di vita a causa dello sviluppo nefasto di tante patologie cronico-degenerative che colpiscono la popolazione e che sono tutte prevenibili grazie all’applicazione di chiare ed efficaci strategie. 

Ormai una decina di anni fa il Prof. Paul Zimmet, direttore dell’International Diabetes Institute (IDI) e pioniere degli studi sul diabete, dichiarava che per la prima volte nella storia le giovani generazioni potrebbero morire prima di quelle dei propri genitori e purtroppo i dati confermano l’agghiacciante affermazione.

Possiamo mantenerci giovani?

Possiamo identificare e tracciare i fattori di rischio intervenendo in maniera predittiva, ancor prima che preventiva, misurando l’età biologica (o decadimento biologico), rispetto a quella anagrafica, delle nostre funzioni e operando in maniera individuale sui fattori del suo ringiovanimento. 

Si tratta però di un processo integrato di soluzioni da applicare come conseguenza di scelte personali orientate con decisione verso la propria qualità di vita, senza tralasciare elementi culturali che ci aiutino a conoscere e comprendere meglio i perché delle azioni necessarie. 

Ognuno di noi è direttamente responsabile della chiara comprensione che l’invecchiamento è una malattia, e della conseguente necessità di combatterla per ottenere la miglior versione di noi stessi, mantenere la salute e rimanere performanti a lungo.

La scienza, e l’esperienza che sovente la precede, ci forniscono già oggi tanti strumenti di comprovata efficacia per introdurre i comportamenti e le strategie che ci consentono di cambiare il paradigma classico dell’invecchiamento con il nuovo della Longevità. 

Prendersi cura di sé può rallentare il processo di invecchiamento e permettere di ottenere una vita lunga, in salute e performante.

Gli studi su modelli animali hanno concesso di raddoppiarne la durata di vita e ci suggeriscono che l’uomo potrebbe vivere tra i 113 e i 150 anni in salute, ma anche performante fino a ridosso della morte. È uno scenario incredibile che possiamo affrontare con grande ottimismo, consapevoli delle elevate possibilità di successo e degli straordinari risvolti socio culturali: ingenti risparmi economici dirottabili sul benessere globale, rispetto e vantaggio tratto dalla sapienza e dalla conoscenza dei più anziani che saranno in grado di sostenere e sospingere con efficacia le giovani generazioni garantendogli un mondo migliore!

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